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lunedì 2 ottobre 2017

I peperoni imbottiti di nonna


Mia nonna non sapeva scrivere, solo il suo nome e poco altro.
Il nome lo storpiava volontariamente, non le piaceva, scriveva Sandra, non Santa, "ma che volete, ho sbagliato, non so scrivere tanto bene" :-)
Di ricette sue non ne ho, non poteva annotarle, preparava tutto ad occhio, sentiva gli impasti nelle mani, riconosceva le sfumature di colore e consistenza, percepiva il cibo, neppure lo assaggiava.
Se chiedevi ti spiegava seria seria, olio di gomito diceva, un po' ti faceva provare poi impaziente ti sostituiva. Mai che il lavoro andasse male, che non riuscisse, niente si deve sprecare.
Avevamo ampiamente superato gli anni del boom economico, che avevano in qualche modo sollevato anche la sua famiglia, eravamo all'inizio dell'edonismo rampante degli anni '80. Anche nonna aveva la sua TV a colori e la dispensa piena piena, ma il cibo continuava ad essere sacro, non andava sprecato, neppure una briciola, ma utilizzato e bene.
Si metteva in cucina, seria e pensosa come sempre, all'alba, lavorava, cucinava.  
Per lei la cucina era un lavoro, uno dei suoi tanti lavori. Se le facevi i complimenti per qualche suo piatto delizioso, non si scherniva neppure, seria seria continuava i suoi discorsi, però le brillavano gli occhi :-)
Il cibo è cibo serve a nutrire, costa fatica, alzatacce e denaro, non è un gioco.
Cucinare era un dovere, il duro dovere alimentare.
Nonna non conosceva Petronilla, non sapeva leggere, le signore ben vestite, quelle si, si potevano permettere la cuoca, la cameriera e pure il tempo per leggere i libri di cucina.
Anche per lei, come per le amichette di Petronilla, la cucina non era un piacere, un divertimento, ma solo fatica e preoccupazione, un dovere, a cui necessariamente assoggettarsi.
Farlo e farlo bene.
Nel tempo aveva affinato una routine nei menù e nelle conserve, ruotava come le amichette di Petronilla i piatti su base settimanale, alternando ingredienti e pietanze in maniera ragionata ed assennata.
La prelibatezza dei suoi piatti, frutto di anni di fatica ed affinamenti e, sicuramente, anche di errori e di affanni,  era funzionale al nutrimento dei suoi cari, non alla gioia del palato.
Aveva imparato a cucinare avanzi e alimenti di poco pregio,  non particolarmente gustosi in sé, trasformandoli in piatti buoni e prelibati, sempre più buoni e prelibati.
Nonna voleva nutrire, non stupire o estasiare  e per nutrire deliziava.
Quando poi le disponibilità economiche glielo concessero continuo a preparare gli stessi piatti, mantenendo gli stessi ritmi e la stessa routine ma utilizzando ingredienti di primissima qualità, il meglio per la famiglia, ora che poteva, e in abbondanza, creando così un vero paradiso sensoriale.
Tutto era buono nella sua cucina, la genovese, la bolognese come diceva lei con la vermutta dentro, il cattò di patate, la pasta al forno, la parmigiana, un pesto che, con buona pace dei genovesi, neppure i genovesi :-) la pasta con la salsa della domenica con tanto di braciole e polpette, e che erano le sue  polpette mitiche, uniche, inarrivabili, indescrivibili.
Tutto buono perché fatto con amore.
Oggi il Calendario del Cibo Italiano festeggia i nonni, ovviamente in cucina, io non potevo esimermi dal ricordare mia nonna che preparava delizie non amando, forse, neppure più di tanto il cucinare.
Amava la sua famiglia, a modo suo, come noi faceva del suo meglio, come poteva, con quello che aveva.
Lei non mi ha trasmesso la passione per la cucina che non aveva.
Nella sua cucina i miei occhi da bambina hanno visto oltre il mero adempimento dell'obbligo alimentare, scoprendo bellezza e magia  dove forse non c'era.
Forse era quello che la bambina voleva vedere. 
La cucina è libertà, divertimento, scoperta, voglia di mettersi in gioco e sperimentare.
Tutte cose che nonna non sapeva ma che grazie anche al suo piccolo mattoncino io ho potuto vivere e realizzare.
Cucino quando voglio, se voglio e cosa voglio, cucinare è scelta e passione.
Noi siamo le nipotine di Petronilla e le figlie della rivoluzione culinaria, siamo cresciute col Manuale di Nonna Papera e le ricette di Lisa Biondi, abbiamo vissuto l'edonismo culinario degli anni '80 e siamo sopravvissute, ora panifichiamo col lievito madre, ma anche no, come ci va, se ci va :-)
Cuciniamo per passione, per gioco, per scelta.
Ci piace cucinare e mangiare.
Non ricordo di aver mai visto mia nonna mangiare, cucinava delizie ma non le gustava. Mangiava poco e a parte. Forse non le piaceva.
La sua cena preferita: pane e arance. 

Per la giornata ho preparato i suoi peperoni imbottiti.
Suoi perché per quanto ne so io li faceva solo lei, nell'orbe terraqueo e webesco di uguali non ce ne sono che io sappia.
Un piatto di riciclo ma gustosissimo.
Ecco come trasformare due peperoni, magari stortarelli, in una nutriente e prelibata portata.
Noi diremmo piatto unico, per nonna era un secondo e lo offriva corredato da almeno due contorni da mangiare rigorosamente col pane.
Altre epoche, altri tempi, altre abitudini. L'amore si esprimeva col cibo, il nutrimento sostituiva coccole e attenzioni, nonostante tutto questo cibo (ehmm amore) ero magrolina come bambina, e per fortuna!

per 6 persone (due peperoni a testa)

12 peperoni
300 g di pane raffermo
2 taralli di Agerola tritati
6 uova
200 g di salame a fette piuttosto spesse e poi a pezzetti
300 g di olive verdi
400 g di provoloncino
100 g di parmigiano grattugiato
100 g di pecorino romano grattugiato
1 bicchiere di olio extravergine di oliva (circa 200 g)
sale
pepe

Ammollare il pane raffermo tagliato a fette, sgocciolarlo , spremerlo benissimo e sistemarlo in una capiente ciotola. Unire il tarallo tritato, le uova battute con il sale, i formaggi, il pepe e poco alla volta l'olio, impastare a lungo e con forza, olio di gomito come diceva la nonna. Il pane non si dovrà più sentire. L'impasto è pronto quando si otterrà un composto perfettamente amalgamato e omogeneo, unire il salame, il provoloncino e le olive tagliate a pezzetti. Assaggiare, regolare eventualmente di sale. Mettere da parte.
Lavare i peperoni, tagliare la calotta superiore preservandola, ci servirà da coperchio, svuotare dai semi, sciacquare bene, lasciare asciugare capovolto, riempire i peperoni con il composto, chiudere con una scorza di pane raffermo, coprire con la calotta superiore del peperone.
Sistemare i peperoni in una teglia protetta da carta forno,condirli con un filo d'olio.
Cuocere in forno ventilato già a temperatura a 180° per circa un'ora.
I peperoni dovranno cuocere perfettamente.
Sfornare. Lasciare leggermente intiepidire prima di servire.




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