Qualche settimana fa
il Calendario del Cibo Italiano ha celebrato la putizza, il dolce
emblema del Friuli.
Un dolce che, nelle
sue varianti di impasto e di ripieno, assume diverse denominazioni,
presnitz, gubana, potica, ed altrettante declinazioni, da essenziale
preparazione contadina a ricco dessert borghese, in un'unica natura,
comune e simbolica, rappresentata dalla struttura, sempre uguale dove
la morbida pasta lievitata, la sfoglia, la frolla o semplice e
rustica pasta tirada, si apre ad accogliere ripieni ricchi e
sontuosi o semplici ingredienti della dispensa contadina se non
addirittura erba. arrotolati in una spirale infinita.
La putizza dolce
unico, infinite declinazioni, esplicitate per il Calendario il prof
Roberto Zottar che nel suo articolo ci ha offerto una ricostruzione
antropologica delle contaminazioni gastronomiche come sintesi di
civiltà.
Il cibo, come la
lingua, rappresenta un elemento identitario delle comunità, che
soprattutto nelle aree di confine caratterizzate come penisole
linguistiche e culturali rischia di perdersi e scomparire se non
preservato.
Nella ricerca delle
nostre radici gastronomiche ho voluto proporre una putizza antica
anche nel nome, struccolo, tratta da un ricettario storico della
cucina triestina.
Preservare la
cultura passa anche per il riproporla e il praticarla.
Con questo post
partecipo al Contest sulla Putizza del Calendario del Cibo Italiano.
Per lo struccolo
(frolla lievitata)
15 g di lievito di
birra ( io ne ho usato 10 g)
latte (circa 120 g)
1 puntina di
zucchero
70 g di farina (io
tipo 00 di forza)
1 uovo
la raschiatura di 1
limone
40 g di zucchero
210 g di farina (io
tipo 00 di forza)
140 g di burro
Per il ripieno
1 kg di mele miste
(io ho usato 2 mele golden belle grandi)
50 g di burro a
pezzetti
100 g di pangrattato
fritto in 60 g di burro
150 g di zucchero
30 g di uva passa
30 g di uva
sultanina
30 g di pinoli
cannella
la scorza
grattugiata di ½ limone
Allestire una
pastella molle con il lievito sminuzzato e sciolto, latte tiepido,
una puntina di zucchero e 70 g di farina; lasciarla riposare coperta
da salvietta; raddoppiata che si sia (in forno con lucetta accesa 1
ora circa), frullarvi dentro: uovo, limone, 40g di zucchero, 210 g di
farina, sale; sbattere l'impasto per circa ½ (noi che abbiamo la
fortuna di poter utilizzare una planetaria per circa 5 minuti a
velocità 2, deve incordarsi) incorporarvi dentro il burro sciolto e
tiepido, aromatizzare con la scorza di limone,seguitare a sbattere
finché sulla superficie si formeranno delle bollicine (noi con la
planetaria riporteremo l'incordatura altri 5 minuti a velocità 5 ed
un paio a velocità 3, non è un impasto semplice). Lasciar lievitare
(nuovamente coperto in forno con lucetta accesa per circa un'ora).
Nel frattempo
preparare il ripieno.
Friggere il
pangrattato nel burro, mettere da parte a raffreddare.
Lavare e sbucciare
le mele, tagliarle a fettine sottili e lasciarle macerare tra due
piatti cosparse di rum e di zucchero (extra)
Stendere l'impasto
su carta oliata o bianca o su tovagliolo infarinati spianandolo
leggermente a rettangolo (circa 1 cm). Sparpagliarvi sopra il
ripieno, arrotolare la sfoglia alzando la carta e senza,
attortigliare a chiocciola. Disporre lo struccolo in uno stampo
imburrato e infarinato.
Lievitare nuovamente
al caldo (ancora coperto in forno con lucetta accesa per circa
un'ora, controllare, il mio era quasi uscito di lievitazione).
Arrostire a fuoco
moderato (forno statico già a temperatura a 180° per circa 40
minuti, coprendo con la stagnola se si scurisce troppo).
Questa pasta essendo
una frolla al lievito si alza poco.
Ed ho sperimentato
anche la frolla al lievito, è da provare davvero buona e
particolare, se si assaggia si rifà.
Per la ricetta:
Maria
Stelvio, Cucina triestina, metodo e ricettario pratico economico,
Stab. Tip. Nazionale, 1936
consultato
qui
.
questo ripieno molto rustico ha proprio il sapore di una volta, aspetto ottimo! e poi io con le mele vado a nozze! Complimenti!
RispondiEliminadeve essere una vera delizia ...
RispondiEliminaChe bellissimo aspetto..non oso immaginarne il sublime sapore! Complimenti cara e felice domenica <3
RispondiEliminaPiù leggo ricette di gubane-putizze-strucoli e più le apprezzo. Non capisco come ho fatto fino ad ora a non provare a farle. Questa tua versione mi piace tanto, sarà che le mele le metterei ovunque. Bello l'aspetto e goloso il risultato. Brava.
RispondiEliminaun dolce che si fa amare al primo sguardo, e con le mele deve essere davvero speciale. Grazie Anna!
RispondiEliminaVeramente la putizza è un dolce triestino oltre che goriziano ma Trieste non è Friuli ma Venezia Giulia. Non per campanilismo ma Friuli e Venezia Giulia hanno due precise entità e si vogliono bene ma ci tengono a mantenere la propria diversità. Non è corretto dire che è un emblema del Friuli. Buona settimana-. (PS. Io sono triestina)
RispondiEliminaCiao Edvige, per natura non sono molto aperta ma l'esperienza e l'età mi hanno reso più sensibile alle sfaccettature ed aperta al dialogo. Non molto tempo fa ho approfondito le tematiche della multiculturalità e dell'integrazione scoprendo che esse in massima parte riguardano il rapporto tra noi italiani. A suo tempo scrissi un piccolo saggio poi pubblicato sul quaderno della Facoltà sui problemi legati all'integrazione degli arbereshe in Italia, scoprendo io per prima che l'integrazione che è un valore anche costituzionale deve fermarsi di fronte alla preservazione delle identità. Dove la lingua, la religione la cultura del focolare, le tradizioni, la cucina e persino l'abbigliamento rappresentano elementi identitari che se non preservati si perdono nell'assimilazione segnando la fine di una comunità minoritaria. Purtroppo non conosco le ragioni, sicuramente importantissime, che stanno alla base della necessita di sottolineare la differenza oltreché geografica (che non ignoro) anche culturale ed identitaria tra Friuli e Venezia Giulia. E' giustissimo che questo sentire si riproponga fino ad oggi come segno di comunità e culture legate al territorio. Immagino che in una terra di confine, di guerra, di sangue e di fame come questa nostra penisola linguistica, anzi queste nostre penisole linguistiche, perchè infatti mi hai rappresentato come vivente una differenza tra Venezia Giulia e Friuli, ed è giusto che abbiano specifiche identità da preservare, questo legame identitario della Comunità si sia mantenuto. Nel nostro caso volevamo solo parlare delle influenze austroungariche nella cucina italiana, di come dolci simili si ritrovino in Austria, in Polonia nei paesi slavi ed in Italia dove, forse anche per le diverse connotazioni delle comunità coinvolte, hanno assunto denominazioni diverse ma anche strutture organolettiche diverse, dal dolce fatto di pasta matta e ripieno di erbe o castagne a quello di pasta lievitata ripieno di ogni ben di Dio. Io mi sono occupata dello stroccolo triestino, abbiamo preparato putizze, gubane ... nella speranza che riproporre la nostra cultura gastronomica, conoscere le nostre radici ci possa portare a preservarle. Le nostre radici, quella del Friuli, quella della Venezia Giulia, le slave che ancora ci sono, quelle di tutti, perchè la ricchezza culturale è nella diversità. La definizione della putizza come emblema del Friuli è del prof Roberto Zottar nell'articolo che ha preparato per il Calendario. Un bacione, buona serata.
EliminaAvete realizzato tutte delle ricette una più bella dell'altra! questa la provo di sicuro! Grazie
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