venerdì 27 settembre 2019

La mia pizza maschia per il Club del 27



Eccoci, siamo tornati quelli del Club del  27, gli appassionati della cucina più temerari del web.

Proud to be a member
Temerari si, oggi si rifà la pizza, quella della sfida MTC #58 quando Antonietta ci insegnò a fare la pizza in casa come in pizzeria (o quasi).
Ora replichiamo, in verità replico spesso ed il fornetto da pizza che mi feci prestare da mia sorella, previo ripescaggio dal più recondito ed alto scaffale del suo ripostiglio dove era finito direttamente dalla lista nozze, si sta consumando nella mia cucina.
Per il Club ho voluto provare la maschia di Patrizia con una piccola, inconsapevole, modifica, un lapsus che la rende se possibile più maschia. Non volendo ho fritto le patate, avevo dimenticato che erano lessate e condite perche i miei figli mi chiedono sempre la pizza con patate fritte e salsiccia, quindi sono andata di default :-)

Mamma è piaciuto tutto tantissimo, abbiamo mangiato sugli scogli …

Niente, sono maschi :-)

Con la tessera n. 37 anche questo mese partecipo al Club del  27.

La pizza maschia di Patrizia
450 g di farina tipo 00 per pizza W 240 - 260
250 ml di acqua
12 g di sale
1 g di lievito di birra

per completare
150 g di Porchetta affettata a macchina
2 piccole patate farinose
200 g di mozzarella di bufala
80 g di Mozzarella fiordilatte
olio extravergine di oliva
sale aromatico (un misto fine di sale, pepe nero, salvia, rosmarino, timo e ginepro)
La ricetta di Patrizia è qui

Di seguito riporto la ricetta di Antonietta come la scrissi 3 anni fa.

Misurare l’acqua, versarla in una ciotola, prelevarne una piccola quantità in due tazzine differenti: in una sciogliere il sale, nell’altra il lievito di birra.
Versare il contenuto con il lievito di birra nella ciotola con l’acqua e iniziare ad aggiungere gradualmente e lentamente la farina setacciata a parte, incorporandola man mano all’acqua, poi, finita la farina, aggiungere il sale sciolto in acqua, continuare ad amalgamare. Impastare a mano, nella ciotola per circa 10 minuti, fino a raggiungere il “punto di pasta”, che, da quello che ho capito, dovrebbe essere il momento in cui l'impasto, ancora morbido e umido, si stacca dalle pareti della ciotola.
Ribaltare sul piano da lavoro e lavorare non meno 20 minuti.
Al termine l'impasto risulterà morbido ma elastico, incordato, trasferirlo, in una ciotola di vetro o porcellana, sigillare con pellicola per alimenti e lasciare lievitare per 2 ore.
Procedere alla staglio a mano, (per lo staglio ho visto qui) ricavando 4 panetti.
Sistemare i panetti su un telo non infarinato. Lasciare lievitare, coperto, per altre 4/6 ore a una temperatura di 25°C. I miei come vedete erano ampiamente giunti a lievitazione dopo circa 4 ore e mezza, forse ho aspettato anche troppo.
Stendere un panetto alla volta, lasciando coperti gli altri, su un ripiano spolverato con farina (la spolveratura è importante) percuotendolo, questo è la definizione del movimento, dapprima con le mani, quasi fosse un tamburo, quindi allargandolo con le mani dal centro verso il bordo sul piano, ruotando di 1/4 e ripetendo il movimento dal centro verso il bordo fino a completare la rotazione, infine allargandolo, in aria con le mani dal centro verso il bordo e contemporaneamente cercando di far roteare la pasta.
Almeno questi sono i gesti che compie il mio pizzaiolo di fiducia e che ho memorizzato e cercato di replicare.
Per la cottura ho usato un fornetto a cappa con le resistenze superiori base posizionata sul fuoco più forte del mio piano cottura e condito, direttamente e velocemente, sul fornetto la pizza.
Come vi ho raccontato, ho fritto le patate dopo averle tagliate a pezzi grossolani, quindi le ho scolate e messe a raffreddare su della carta da cucina salandole leggermente.
Quindi ho condito la pizza con la mozzarella tagliata a dadini, la porchetta, e le patate, spolverando con una manciata di parmigiano e cotto nel fornetto già a temperatura.
Lo sono stata poco attenta ma la rifaccio con le patate lesse, giuro!

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sabato 21 settembre 2019

Ciambellone leggero per la giornata nazionale della merenda



Amo i ciambelloni ed in generale i dolci “secchi” da colazione o merenda, corposi, morbidi, dalla consistenza avvolgente e zuccherosa, il sapore fresco del burro, quasi un cioccolattino, sostituito sempre più spesso dalla leggerezza areosa dell'olio.
Quanti ne ho preparati in vita mia di questi dolci, quante sperimentazioni, sempre alla ricerca di un sapore o una consistenza diversa.
Come sarà mai una sabbiosa? Una quattro quarti? Una margherita? La sofficissima? La rustica? La campagnola?
Con gli anni e la curiosità poi ho esplorato il mondo delle coffee cake, dei plumcake, dei muffin, delle chiffon e delle angel cake, e tanto altro, lo sapete.
Ma il ciambellone, quello che sa di casa, di quell'abbraccio che non c'è mai stato, resta il mio preferito.
Ci riflettevo addentando una fetta di questo ciambellone che ho preparato per il Calendario, era tanto che non ne preparavo, sempre a dieta come sono, e per il resto con i pochi momenti impegnati nelle più disparate produzioni culnarie.
Si gira il mondo ma poi si torna sempre a casa” … “Niente di meglio di un ciambellone” …
Ho imparato a cucinare perché avevo voglia di cose buone :-)
Sono figlia di una mamma che aveva eletto l'apriscatole a talismano della felicita, era una donna che ha altro da fare e non ha tempo da perdere, in cucina :-)
Figlia dei tempi, l'altra faccia della rivoluzione culinaria di Spagnol.
Mia mamma davvero tagliava i minuti della preparazione culinaria ed in 5 minuti era in grado di mettere a tavola degli immangiabili manicaretti conditi da lamenti e recriminazioni, inviti a finire un piatto che spesso guardavo con stupore, abituata come ero a mangiare altro, magari comunque recriminatorio ma più gustoso.
Non amava cucinare, non l'aveva mai fatto. Non amava il suo ruolo, troppo stretto, costretto, non compreso.
Allora meglio la cucina istantanea, come avrebbe detto la Spagnol accettate con animo grato l'aiuto dei precotti, preconfezionati, scatolette, affettati. 
Mangiar freddo. Con quello si andava alla grande!!!! Eppure mia madre non sapeva neppure chi fosse Elena Spagnol, considerando la lettura una perdita di tempo in cui era deprecabile investire.
Per questo ho collezionato un universo smisurato di libri, enciclopedie, opuscoli, riviste, ritagli, stampe, file e screen shot di cucina, per questo cucino e cucino da Dio, di default tutto e di tutto.
Appartengo alla generazione del ritorno alla cucina, qualcuna ci doveva tornare visto che era vuota :-) quelle del lievito madre e del fatto in casa :-) ero ragazzina e già mi cimentavo in creme caramel e millefoglie, quanto ho cucinato nella mia vita, quanta curiosità ho soddisfatto, quanti esperimenti e preparazioni, quante cose buttate, quante mangiate e tanta esperienza.
Tutto è iniziato da una fetta di ciambellone, anzi era un dolce degli angeli,  che mi ostinavo a chiedere a mia madre che lo preparasse  sventolando la bustina di lievito con la ricetta. "Chissà come è?"
Uscivano delle cose immangiabili perche fatte per forza e senza amore.
Poi feci io ed imparai.
Ora posso dire che non so neppure se mi piace cucinare, cucinare è un saper fare non un saper essere, non sostanzia la personalità di un individuo, non è un traguardo performante da raggiunere, neppure una medaglia da appuntarsi in petto.
Cucinare non è il duro lavoro delle Petronille, neppure l'apparenza edonistica delle donne a cui si rivolgeva la Spagnol, né il timbrare il cartellino della perfezione del tutto naturale e fatto in casa.
Cucinare non è neppure un mezzo di espressione artistica funzionale alla fotografia, che essa si è arte, perchè crea nuovi mondi trasmette emozioni di cui il cibo è solo un tramite.
Cucinare è amore perché si cucina sempre pensando a qualcuno, è rispetto e attenzione per l'altro e per sé stessi.
Cucinare è relazionale, è un linguaggio.
Cucino da più di quarant'anni, ultimamente sono stata in dubbio se smettere intendo l'hobby, il blog e il resto, proiettata come sono su altri interessi e percorsi.
No, questo non è un discorso del tipo metto il mio blog a riposo perché bisogna prendersi una pausa motivazionale, ne ho letto tanti in questi anni, ex post ho compreso il significato di queste pause.
Quando una cosa non è più fatta per piacere, quando diventa un obbligo, una ripetizione senza interesse e motivazione è giusto interrompere.
Ci avevo pensato.
Il mio blog è fermo da anni, pubblico così poco qui, chi se ne accorgerebbe?
Quando ho capito che in definitiva non mi piace cucinare ho ripreso a cucinare con piacere, piatti della tradizione che da tempo avevo messo da parte per far posto alle urgenze dei post, piatti tanti piatti, preparati per non essere fotografati ma consumati.
Tante cose che i miei figli non avevano mai assaggiato perché le preparavo d'abitudine decenni fa, prima che nascessero.
Questa sorta di depurazione ha fatto bene a tutti, anche alla mia cucina e al mio blog che continuerà, per il piacere di qualche motore di ricerca posto da qualche parte in continente sperduto, ad operare col ritmo che lo ha sempre contraddistinto negli ulimi anni :-)
In tutto questo che c'entra il ciambellone?
Scusate, mi riferisco sempre ai miei 4 lettori che arrivano qui utilzzando il suddetto motore di ricerca :-) e sempre che leggano i caratteri occidentali :-) niente solo un momento di autoanalisi :-)
Il ciambellone è l'inizio.
Ora si pone all'inizio di un qualcosa che non so in cosa si svilupperà ed all'inizio di una nuova stagione del mio blog.
Siamo a settembre, si ritorna.

Questa in particolare è una ricetta della memoria, ora la vedete pesata e dosata presa da un libricino di dolci, in realtà è un'interpretazione della vecchia campagnola, ve la ricordate la ciambella campagnola? La ricetta girava tanto negli anni '80 poi piano piano dimenticata, soppiantata dalle novità
Una ciambella all'olio fatta con i bicchieri, senza bilancia, non occorreva pesare!!! l'antesignana della 7 vasetti, una figata!!! poi buona e leggera insomma si poteva fare!
E facciamocela :-)

Ingredienti per 10 fette

280 g di farina
30 g di fecola
1 bustina di lievito
2 pizzichini di sale
3 uova a temperatura ambiente
100 g di olio di semi di arachidi
150 g di latte a temperatura ambiente
140g di zucchero
i semi di una bacca di vaniglia

decorazione
zucchero a granella

Setacciate le farine con il lievito e il sale.
Montate le uova con lo zucchero e aromatizzate con i semi di vaniglia, poi senza smettere di sbattere versate gradualmente l'olio a filo e il sale.
Alla massa gonfia e spumosa incorporate le farne setacciate.
Imburrate e infarinate lo stampo da ciambella dal diametro di 24 cm e versate l'impasto.
Distribuite lo zucchero in granella e infornate a 175° per 35 minuti. Saggiate la cottura inserendo uno stecchino nel dolce, se non ne esce asciutto, proseguite per qualche minuto la permanenza in forno.

 Ricetta tratta da “In cucina con passione, dolci per la colazione, torte, ciambelle, plum cake muffins & dolcetti”, Daniela Peli – Francesco Ferrari, Quado’ editore.