sabato 29 ottobre 2016

Zucca e fagioli


Oggi il Calendario del Cibo Italiano celebra i fagioli, un alimento antico e benefico, che accompagna da sempre la storia dell'uomo.
Conosciuto e coltivato fin dall'antichità, il fagiolo ha rappresentato parte essenziale dell'alimentazione della civiltà che si affacciavano sul mediterraneo, tanto importante da assurgere, per gli egiziani, a cibo rituale consumato dai sacerdoti in occasione di particolari culti o solennità.
Per i romani invece il fagiolo era il cibo del popolo, rozzo e comune, tanto da essere definito da Virgilio vilem phaeseulum in contrapposizione ad altri cibi ben più raffinati riservati ai ceti sociali più elevati. Questa considerazione non impedisce però ad Apicio di riservare un intero capo del suo De re coquinaria ai legumi e, tra essi, i fagioli.
I fagioli conosciuti dagli antichi non sono però i “nostri” fagioli, i phaeseolus vulgaris, che, giunti dalle Americhe, più grossi, prolifici e resistenti, soppiantarono in breve tempo la coltivazione del autoctono e antico dolichos, fagiolo dall'occhio.
Tanto e molto altro ancora sui fagioli e la loro storia nell'articolo della nostra ambasciatrice Elena Broglia del blog Zibaldone Culinario che sicuramente ci riserverà bellissime ricette. 
Il mio contributo è una tradizionale zuppa campana calda e piccantina profumata di prezzemolo un comfort food semplice e sostanzioso.
Con questo post partecipo alla Giornata Nazionale dei Fagioli del Calendario del Cibo Italiano AIFB.



250 g. di fagioli precedentemente ammollati e lessati
500 g. di zucca a dadini
aglio
1 peperoncino
qualche rametto di prezzemolo
sale
olio extravergine di oliva
In una capiente pentola soffriggere l'aglio schiacciato in qualche giro d'olio, unire la zucca, il prezzemolo e il peperoncino, salare. Cuocere a fuoco moderato, coperto per circa mezz'ora, la zucca dovrà cuocersi ma non disfarsi. Unire i fagioli, regolare di sale, continuare la cottura ancora per una decina di minuti.



Per il post mi sono documentata qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Phaseolus_vulgaris
https://en.wikipedia.org/wiki/Dolichos_(plant)
https://it.wikipedia.org/wiki/Vigna_unguiculata
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/moderna/orto-frutti/fagioli-dolici-e-americani.html 
 
http://www.aifb.it/calendario-del-cibo/

venerdì 28 ottobre 2016

Peposo è peposo, il peposo dell'impruneta per il Calendario del Cibo Italiano


Peposo è peposo, perchè ci voleva un pasto robusto accompagnato da tanto pane e vino per fronteggiare il duro lavoro di un fornacino, alle prese con ore ed ore di fatica nel caldo torrido delle fornaci e, si sa, il piccante richiama il companatico.
Impruneta è un paese delle colline fiorentine rinomato per la sua argilla, la terra d'Impruneta, ricca di ossido di ferro che conferisce alla terracotta un particolare caratteristico e pregevole colore.
Pare che i fornacini, cioè gli addetti alla cottura nelle fornaci del materiale di terracotta, avessero l'abitudine di prepararsi un semplice stufato con carne, vino e abbondante pepe lasciandolo cuocere a lungo, almeno 5 ore, in un tegame rigorosamente di terracotta, in un lato della fornace a cui lavoravano.
Un'abitudine molto risalente, pare infatti che già fornacini addetti alla preparazione dei mattoni occorrenti per la realizzazione della Cattedrale di Santa Maria in Fiore e del Duomo di Firenze, ai tempi di Brunelleschi quindi, facessero largo uso della pietanza.
E chi sa che i prelibati aromi che circondavano la cottura dei mattoni per il Duomo e la disposizione d'animo degli stessi fornacini appagati dal confortevole pasto che li aspettava non abbia influenzato in bene la realizzazione del progetto architettonico … questo poi non è dato sapere!
Con questo post partecipo alla Giornata Nazionale del Peposo dell'Impruneta del Calendario del Cibo Italiano AIFB di cui è ambasciatrice la mia amica Sara Sguerri del blog Pixelicius con cui mi scuso per il ritardo nella pubblicazione del post.
Nel suo articolo tanto altro ancora sul peposo e sicuramente una ricetta spettacolare.

1 kg di bianco costato
1 l di Chianti
20 chicchi di pepe nero
5 spicchi d'aglio vestito
1 bicchiere di passata di pomodoro
un mazzetto composto da salvia e rosmarino
sale

In una capiente pentola unire il bianco costato tagliato a pezzetti, l'aglio non pelato, il mazzetto aromatico, il sale e il pepe. Coprire con il vino, unire la passata di pomodoro, far cuocere a calore moderato molto a lungo, almeno tre ore, la carne dovrà risultare tenera e morbida.
Servire con pane toscano o una morbida polenta.



Per il post e per la ricetta mi sono documentata qui
http://www.peposo.it/
http://www.pepo.it/segreti-dello-chef/8-ricetta-dei-peposo-della-fornace-dell-impruneta
https://it.wikipedia.org/wiki/Peposo
http://www.ideericette.it/ricetta-peposo-impruneta/

  http://www.aifb.it/calendario-del-cibo/

lunedì 24 ottobre 2016

Tapas domenicali per MTC n° 60


Ebbene si, sono cresciuta a tapas, a mia insaputa.
La cucina di nonna era il paradiso delle tapas, sempre un manicaretto delizioso, avanzato ad arte, pronto alla bisogna, un cozzetto di pane da riempire con ogni possibile ben di dio al minimo accenno di languorino, un murzillo saporito, insomma, infilzato o meno, per ogni necessità.
Ed è così che all'annuncio sfida delle tapas, proposta da Mai Esteve vincitrice con le straordinarie gnocozze di MTC#59, sono rimasta folgorata da una visione, quella che ho cercato di rendere nella foto del piattto, che non mi ha più abbandonato, non c'era storia bisognava che rendere onore alle tapas di nonna.
La domenica era tutta un'attesa del ragù, la signora Sarza, dalla mattina presto l'odore del soffritto di cipolla invadeva la cucina suscitando appetiti poco soddisfacibili con una semplice tazza di caffellatte, la prima tapa il pezzetto di carne soffritto, “bambini, chi ne vuole, presto, prima che aggiunga il pomodoro, dopo non si può mangiare, bisogna aspettare!”.
Poi, mentre il sugo pippiava gioisamente sul fuoco, l'assalto alle polpette, assaggiate e dispensate calde calde, altra tapa, le superstiti desinate a finire nel sugo più avanti....
E per puntellare l'appetito nell'attesa che si fosse pronta la pasta, la pasta di Gragnano si sa è lunga a cuocersi, che c'è di meglio di un cuzzetiello di pane croccante, appena sfornato, intinto nel sugo, un montadito, oppure un veloce pincho pescato con furtiva compiacenza dal sugo, la bracioletta col suo spiedino.
E questo solo la domenica, non ne parliamo poi di parmigiane, peperoni 'nbuttunati, melenzane a funghetti, salsiccia e broccoli, fagioli a zuppa, cattò di patate, pasta e fagioli, favetta, …. e tanto altro …. tutte tapas, tutto tapas :-)
Perchè poi il tris?
Sarà la suggestione del banner della sfida, lo schermitore associato al pincho, sarà che sto attraversando il periodo più strategico della mia vita e proprio in questi giorni ho tracciato la fatidica diagonale sul mio personalissimo tris, sarà che la domenica si ingannava l'attesa giocando, carte, domino, tris …. così, non potendo servire le tapas su una carta da gioco napoletana … 
Insomma, compatite :-) 
Con questo post partecipo alla sfida n° 60 diMTChallenge.

Tapas di ragù napoletano

Pincho di braciola

il ragù con le braciole
1 litro e 1/2 di passata di pomodoro
750g di bianco costato (500 g intero per le braciole, 250g a grossi pezzi)
aglio e prezzemolo tritati, pinoli, pecorino, sale e pepe (per le braciole)
4 costine di maiale
1 cipolla
sale
olio extravergine di oliva

Aprire (o molto meglio farsi aprire dal macellaio) il bianco costato per ricavarne delle braciole.
Sistemare al centro di ciascuna braciola del prezzemolo tritato, qualche pezzettino di aglio, qualche pinolo, del pecorino a cubetti, sale e pepe
Arrotolare le braciole e chiuderle con gli spiedini.
In una capiente pentola far appassire in qualche giro di olio la cipolla tagliata a fette sottili, unire le braciole, le costine, e il bianco costato a pezzi. Rosolare bene la carne facendo attenzione a non bruciare la cipolla. Unire la passata di pomodoro, salare, cuocere a fuoco basso, coperto, per due - tre ore.
Al termine, sistemare la carne in un altro tegame in modo da poterla scaldare al momento, lasciare solo il sugo nella pentola.


Tapa polpetta al sugo

750 g di macinato misto di manzo e maiale
4 uova
mezzo pezzo di pane raffermo (circa 300 g)
parmigiano e pecorino grattugiato (almeno 100g)

In una capiente ciotola impastare vigorosamente e a lungo la carne con il pane precedentemente ammollato e ben strizzato, le uova, il formaggio grattugiato il sale e il pepe.
Ricavare dall'impasto delle polpettine, friggerle in abbondante olio ben caldo, sistemarle su carta assorbente, raffreddare e mettere da parte.
Trasferirle nel sugo del ragù e lasciarle insaporire per 15 - 20 minuti a fuoco lento si ammorbidirammo e gonfieranno deliziosamente.

Montadito cuzzetiello dint' a sarza

Ragù

pane caldo croccante appena sfornato

Servire il sugo, anche in cottura, a generose cucchiaiate nel cozzetto di pane, meglio ancora se ci capita un succulento pezzetto di carne.





 http://www.mtchallenge.it/2016/10/05/mtc-60-la-ricetta-della-sfida/


Gli gnocchi alla romana


Ridi, ridi che mamma ha fatto gnocchi ….
Oggi si che c'è da festeggiare, il Calendario del Cibo Italiano celebra gli gnocchi alla romana, un prelibato ed opulento piatto della tradizione romana, almeno stando alla denominazione.
In effetti gli gnocchi e il semolino a Roma ci sono sempre stati, pulte, non pane, vixisse longo tempore Romanos manifestum, non è certo però che gli gnocchi di semolino siano proprio romani.
Gli antichi romani si nutrivano esenzialmente di una polentina di farina, pultis, tanto da essere denominati pultifagi.
Da queste polentine, diffuse del resto più o meno in tutta l'Italia, la nascita poi della prima  pasta, una sorta di gnocco appunto, pezzetti di un semplice impasto di acqua e farina (di semola, di farro, di riso … secondo la disponibilità locale) bolliti o fritti.
Gli gnocchi di patate, infatti, sono un'invenzione recente, si sono diffusi solo a partire dall' 800 a seguito della difficoltosa introduzione nell'alimentazione europea del tubero arrivato dalle Americhe, lo gnocco in precedenza era impastato solo con farina o  pane variamente arricchiti.
Che poi gli gnocchi di semolino siano proprio romani pare invece opinabile.
L'Artusi include gli gnocchi alla romana nel suo Ricettario distinguendoli da quelli di semolino descritti in un paragrafo separato, Ada Boni, ne La Cucina Regionale Italiana, annovera gli gnocchi di semolino tra i piatti regionali del Lazio, mentre non sono inseriti nella Roma in Cucina di Carnacina e Buonassisi.
Infatti secondo alcuni il piatto non sarebbe propriamente romano soprattutto per il largo uso di burro condimento inusuale per la cucina laziale, addirittura potrebbe avere origini piemontesi o transalpine. In Francia si preparano gli gnocchis à la florentine, fatti con semola e latte, che, per qualche snodo della Storia, potrebbero giunti a Roma da Parigi partendo da Firenze,  dai cuochi di Caterina dé Medici.
Ma non stiamo ad  arrovelliarci sulla storia, meglio gustare un confortevole piatto di gnocchi alla romana.
Nell'articolo della nostra ambasciatrice e mia amica Serena Bringheli, del blog Cucina Serena, tanto altro ancora sugli gnocchi alla romana e, sicuramente, una romanissima e bellissima ricetta.

200 g di semolino
¾ di litro di latte
80 g. di burro
2 tuorli d'uovo
sale
parmigiano

In una pentola larga e bassa portare ad ebollizione il latte, mescolando con una frusta a mano, versare a pioggia il semolino. Attenzione a che non si formino grumi.
Cuocere a fuoco lento per mezz'ora sempre mescolando. Quando il semolino si sarà addensato condirlo fuori dal fuoco con i tuorli, un pizzico di sale, una noce di burro e due cucchiaiate di parmigiano grattugiato.
Mescolare bene, stendere il composto su un vassoio leggermente bagnato ad uno spessore di circa un centimetro livellando bene, lasciare raffreddare.
Quando il semolino sarà freddo con l'aiuto di un coppapasta ritagliarlo in tanti dischetti.
Sistemare gli gnocchi di semolino in una teglia unta di burro formando un primo strato con i ritagli, condire con abbondante parmigiano grattugiato, continuare con altri gnocchi questa volta usando i dischetti di semolino, ed ancora parmigiano grattugiato fino ad esaurimento degli ingredienti, irrorare gli gnocchi con il restante burro fuso. Infornare a 180° in forno ventilato già a temperatura per mezz'iora, gli gnocchi assorbiranno il burro e si doreranno dolcemente.


La ricetta è tratta da La Cucina Regionale Italiana, Ada Boni, Newton, 1985

Per il post mi sono documentata qui:
https://it.wikipedia.org/wiki/Alimentazione_nell%27antica_Roma 
Plinio Naturalis Historiae, XVIII libro, vv.83-84 citato da wikipedia
Thesaurus Juris Romanis consultato qui:
https://books.google.it/books?id=qYJlAAAAcAAJ&pg=PA249&lpg=PA249&dq 
http://cucina.corriere.it/cucinaintro/lazio/7/introduzione_6028ed26-221f-11df-8195-00144f02aabe.shtml
https://it.wikipedia.org/wiki/Gnocchi
http://www.taccuinistorici.it/ita/news/medioevale/paste-cereali/storia-degli-gnocchi.html
http://sorrentinoluigi.blogspot.it/2014/01/gli-gnocchi-alla-romana-di-pellegrino.html

 http://www.aifb.it/calendario-del-cibo/

domenica 16 ottobre 2016

Apple bread per il World Bread Day 2016


Oggi è il World Bread Day, la giornata mondiale del pane, nata per per onorare il nostro pane quotidiano e ringraziare di avere cibo a sufficienza.
Non tutti sono così fortunati.
Dal 2006 centinaia blogger di tutto il mondo sfornano un pane per questo giorno speciale, un pane da condividere idealmente e celebrare nella sua sacralità.
Anche quest'anno ho scelto di realizzare un pane senza impasto, semplice, veloce e alla portata di tutti con l'augurio che si diffonda e si moltiplichi nelle nostre cucine il profumo del pane che già in sé è memoria e celebrazione.
Il pane è vita, è ricchezza, è prosperità, è amore, è un valore da preservare e trasmettere ai nostri figli.
Celebriamolo insieme!

Raccogliendo l'invito di Zorra con questo post partecipo al World Bread Day e aggiungo il mio pane al cesto del WBD 2016 pieno pieno di pani da tutto il mondo...

280 g di farina manitoba
20 g di farina integrale
65 g di mele granny smith o golden delicious
65 g di mele disidratate
4 g di sale
50 g di lievito madre attivo oppure 3 g. di lievito di birra (un pizzico)
250 g di succo di mela home made o biologico

per decorare
una fettina di mela


Lavare e sbucciare le mele, ridurle a cubetti di circa 1 cm, tagliare a pezzettini le mele disidratate.
In una capiente ciotola mescolare le farine, le mele, disidratate e a cubetti, il sale e il lievito, unire il succo di mela, mescolare con un cucchiaio per circa 30 secondi per amalgamare gli ingredienti.
Si otterrà un composto leggermente appiccicoso ma compatto.
Coprire la ciotola con una pellicola per alimenti, lasciare lievitare a temperatura ambiente per 12 – 18 ore. L'impasto sarà quasi triplicato e costelato da buchetti.
Trasferire il composto su una spianatoia leggermente cosparsa di farina e praticare le doppie pieghe, poi, ancora doppie pieghe. Formare una palla.
Cospargere un canovaccio da cucina con farina integrale, al centro sistemare un quadratino di carta forno e su questo una fettina di mela. Disporre il panetto con le pieghe sotto sul canovaccio facendo in modo che la fettina capiti circa al centro dello stesso, ripiegare il canovaccio sull'impasto, chiudere senza stringere.
Lasciare lievitare per circa 2 ore, il panetto deve raddoppiare.
L'impasto è pronto quando affondando un dito trattiene l'impronta senza perderla subito.
Prima del termine della lievitazione portare a temperatura massima il forno (il mio raggiunge i 220 gradi max) in modalità statica, con all'interno una pentola con coperchio di dimensioni adeguate (per questa dose 16 – 18 cm) e che possa stare in forno.
Nel frattempo sarà terminata la lievitazione, tirare fuori dal forno la pentola, scoperchiarla, rovesciarvi dentro l'impasto con attenzione, delicatezza e senza fretta.
Togliere il pezzetto di carta forno, coprire con il coperchio e infornare per 45 minuti, quindi togliere il coperchio e cuocere ancora per circa 10 minuti, il pane deve dorarsi per bene.
Sformare, lasciare raffreddare su una griglia.


La ricetta di Jim Lahey proviene dal mitico starbooks!

World Bread Day 2016 #wbd2016

domenica 9 ottobre 2016

Quanti modi di fare e rifare pisarei e fasö



Buongiorno e buona domenica, eccoci ad un nuovo appuntamento con Quanti Modi di Fare e Rifare.
Oggi la Cuochina ci porta a nella cucina della carissima Elena del blog Zibaldone Culinario, che ci insegnerà una meravigliosa ricetta piacentina i Pisarei e Fasö.
Semplici gnocchetti di farina e pangrattato, piccoli piccoli, la grandezza di un fagiolo, accompagnati da un corroborante brodo di fagioli, nella cui preparazione si sono misurate generazioni e generazioni di massaie piacentine.
In passato saper realizzare buoni pisarei pare fosse condizione essenziale per sposarsi, una fanciulla priva delle indicative callosità sul pollice, difficilmente avrebbe trovato marito ….. come cambiano i tempi :-)
Elena ci regala una ricetta di famiglia, ovviamente precisissima e perfetta, svelandoci tutti i segreti per ottenere buonissimi pisarei morbidi e corposi al punto giusto.
Dovete sapere che qualche mese fa la mia amica Elena è stata ambasciatrice per il Calendario del Cibo Italiano proprio dei Pisarei e Fasö, purtroppo all'inizio del Calendario non avevo ancora preso la mano con post, programmazione ed altro ancora, così me li sono persi e mi è dispiaciuto molto.
Questa volta certo che non li perdo … li ho fatti già due volte!  mai come in questo caso repetita iuvant :-)
Ed eccoli nella versione che la stessa Elena ha proposto per il Calendario.

Ancora una volta … quante cose impariamo con la Cuochina :-)

400 g di farina 00
200 g di pane grattugiato
20 g di burro
acqua calda q. b.
sale


250 g di fagioli borlotti freschi o surgelati
30 g di lardo pestato
20 g di burro
1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
1 spicchio di aglio
1 cipolla
1 cucchiaio di salsa di pomodoro
1 cucchiaino di concentrato di pomodoro
prezzemolo
Sale e pepe

Su una spianatoia disporre la farina a fontana, sistemare all’interno il pane grattugiato, il sale e il burro, scottare il pane con acqua calda.
Lasciare raffreddare il pane, quindi impastare velocemente, fino ad ottenere un impasto morbido ed elastico. Far riposare l’impasto coperto per circa 15 minuti.
Formare dei piccoli cordoncini di pasta dal diametro di 5 mm, assottigliandoli con i palmi delle mani. Staccare dei pezzetti modellarli a gnocchetto con il pollice.
Portate a metà cottura i fagioli in acqua non salata condita con un cucchiaio di olio e una fettina di cipolla fresca.
Preparate un soffritto, con burro, lardo pestato, cipolla, aglio, prezzemolo tritati, unire i fagioli, facendoli insaporire a fuoco lento. Aggiungere la salsa di pomodoro e il concentrato, diluire un poco con acqua tiepida. Aggiustare di sale e pepe, continuare a fuoco basso fino alla cottura dei fagioli.
Quando il sugo sarà pronto, lessare in abbondante acqua salata i pisarei, a cottura, un paio di minuti dopo che sono venuti a galla, scolarli ed aggiungerli al sugo.
Servire con formaggio grana grattugiato. 


 
 http://gliamicinoblogger.blogspot.it/2013/03/gli-amaretti-di-nicola.html

lunedì 3 ottobre 2016

Sbrisolona alle nocciole e cioccolato fondente



La sbrisolona è un antichissimo dolce mantovano che, come molti dei migliori piatti della cucina italiana, affonda le sue radici nella tradizione povera della cucina contadina.
Pare che infatti che i contadini mantovani usassero festeggiare particolari ricorrenze come nascite o matrimoni con un dolce a base di sugna, farina di mais e nocciole, i pochi ingredienti a loro disposizione
Un dolce beneaugurante, destinato a conservarsi a lungo, moltiplicandosi, per così dire, in tanti frammenti.
E proprio alle briciole, brìse, che inevitabilmente si formano al primo contatto, espressione di genuina convivialità, deve il suo nome.
Tra il '500 e il '600 questo dolce arriva alla corte dei Gonzaga e, arricchito da mandorle, zucchero, aromi, divenne la base della moderna sbrisolona.
Oggi il Calendario del Cibo Italiano AIFB festeggia questo dolce antico, dai focolari contadini ai fasti di corte, fino alle nostre cucine, ne ha fatto di strada la sbrisolona!
Nell'articolo della nostra ambasciatrice Laura Bertolini del blog Frittomisto Cucina ed Emozioni, tanto ancora sulla sbrisolona e bellissime ricette.
Eccone una versione cioccolattosa....

125 g. di farina 00
100 g. di nocciole sgusciate
75 g. di farina gialla fine
80 g. di zucchero
1 tuorlo
100 g. di burro
50 g. di gocce di cioccolato fondente
1 semini di un quarto di bacca di vaniglia

Tritare le nocciole.
Setacciare insieme le farine, disprole a fontana, al centro unire lo zucchero, le nocciole, le gocce di cioccolato, il tuorlo e il burro.
Lavorare rapidissimamente il composto con la punta delle dita fino ad ottenere un composto omogeneo ma leggermente sbriciolato. Sbriciolare l'impasto con le mani direttamente nella teglia (rotonda da circa 20 cm di diametro) protetta da carta da forno, non pressare come invece ho fatto io altrimenti si compatta e si vedono poco le briciole :-)
Cuocere in forno statico già a temperatura a 180° per circa 40 minuti, deve ben dorarsi.
Lasciare raffreddare, sformare con attenzione, servire fredda.

Per la ricetta è tratta con opportuni adattamenti dall'Enciclopedia della Cucina Italiana ed. La Biblioteca di Repubblica


Per il post mi sono documentata qui: 



http://www.aifb.it/calendario-del-cibo/